Ho atteso per più di un anno il rilascio di Crash Bandicoot: On the Run!, da ancora prima che lo annunciassero. Due o tre mesi prima del reveal ufficiale, infatti, cominciarono a fioccare immagini dopo immagini di una build pre-alpha del videogioco, allora blandamente chiamato Crash Bandicoot Mobile. Ricordo ancora la gioia dietro quella scoperta; sapere che di lì a poco avrei potuto tenere tra le mani, comodamente, un altro videogioco di Crash, dopo il successo stratosferico di CTR Nitro-Fueled (Crash 4 non era ancora uscito), mi riempì di gioia, anche se tra le immagini promozionali alcuni aspetti non mi facevano proprio gridare al capolavoro, quello – poi fortunatamente rivisitato – di Dingodile è un esempio. Pochi giorni dopo, spunta quella stessa versione del videogioco finalmente giocabile, un soft launch anticipato di un anno per l’Australia. E via di download da siti di terze parti per provare il titolo in anteprima.

Non riesco più a smettere
Crash Bandicoot Mobile, già dalla sua primissima versione giocabile, mi aveva stregato. Una partita tirava l’altra: raccogliere materiali, rompere le casse con un tap ed esplorare le porte segrete aperte solo quando si possedeva una certa gemma (feature ora rimossa e che ricordo benissimo ancora oggi, a testimonianza di quanto tenessi a cuore questo gioco), era una droga. Non riuscivo a smettere, nonostante non ci fosse ancora una community, una base social e neppure una vera e propria conclusione delle missioni. Poi, l’annuncio ufficiale. Nonostante tutto, decisi di smettere di giocare a quella build mentre “dopo giusto qualche mese” avrei giocato al prodotto definitivo, perdendo i progressi “farlocchi”. Qualche mese che si è trasformato in un anno, ma ho resistito.
Il risultato? Una bomba. Crash Bandicoot: On the Run! è un videogioco imperdibile, non solo per i fan di Crash; è semplice, bello da vedere e tremendamente addictive. Non è un clone di Temple Run e non è neppure, assolutamente, un Subway Surfers travestito da Crash. On the Run! ha una propria anima, un gameplay originale e solido, palese dalle primissime partite; collezionare Wumpa, spaccare casse, collezionare gemme, reliquie del tempo e materiali è una goduria.
Ogni swipe conta, spostarsi di corsia in corsia e saltare da una piattaforma all’altra al giusto tempismo dà grandi soddisfazioni, specialmente quando messi alla prova da percorsi ostici come la caccia alle gemme colorate. Si è investito tantissimo sull’aspetto grafico, minimalista e cartoonesco al tempo stesso, con un redesign in chiave semplicistica di alcuni personaggi che ho apprezzato più di quello effettuato da Toys for Bob. E, a tal proposito, ho gradito ancora di più il comparto sonoro, tra musiche adatte alla saga a tonalità catchy. Alcune tracce le preferisco ad altre ben più anonime di Crash 4 (anche se queste sono poche).

Activision ha compreso al 100% il potenziale del peramele arancione, che fin dal remake di Vicarious Visions ha macinato numeri impressionanti, e affidare il brand nel ramo mobile a King, ormai esperta nel settore, si è rivelata la scelta vincente. Quantomeno su mobile, Activision ha battuto Nintendo nella sfida tra Crash e Mario.
Ma l’arma vincente è anche a doppio taglio
Mai mi sarei aspettato di vedere dai creatori di Candy Crush o Farm Heroes Saga un prodotto così diverso nel core gameplay come Crash Bandicoot: On the Run!, e per questo non possiamo che toglierci il cappello e applaudire. E infatti sul videogioco, nel suo nucleo, non possiamo proprio lamentarci. Passiamo sopra anche ad alcuni tempi biblici per produrre gli oggetti da portare necessariamente in missione.
Eppure ciò che davvero preoccupa e non poco è la terrificante piega che il videogioco ha preso già dal lancio della prima stagione: Il Ritorno di Nitros Oxide, e con l’arrivo dell’immancabile Pass Bandicoot da acquistare a una cifra non particolarmente permissiva. Non ci sarebbe normalmente nulla di male nel cercare di recuperare i costi dello sviluppo con questo pass, se non fosse che già tantissimi altri contenuti, tra skin da far gola e bonus esagerati, sono venduti alla stessa cifra o poco meno.